Green Economy: dare spazio alla crescita delle piccole e medie imprese

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Ieri sera si è conclusa l’ultima sessione della nona edizione, tutta in digitale, degli Stati Generali della Green Economy, svoltasi il 3 e 4 novembre, durante la Fiera di Rimini di Italian Exhibition Group. Gli Stati Generali della Green Economy sono un processo di elaborazione strategica, aperta e partecipata che vede il coinvolgimento dei principali attori della green economy italiana.

Un incontro-confronto, fra realtà private, associazioni e istituzioni pubbliche di grande respiro nazionale e internazionale, che porta sul tavolo della discussione i problemi più stringenti di questa epoca o, meglio, di questa generazione: la preservazione dell’ambiente e del clima, attraverso una rapida ed efficace trasformazione economica Green e Circolare. Un grande tema che si innesta in un’occasione storico-politica particolare, ovvero, il finanziamento di ingenti fondi stanziati dall’UE, per il cosiddetto rilancio a fronte della crisi pandemia Covid 19, “New Generation Fund”.

Mi sono trovato pienamente d’accordo su un punto fondamentale emerso da più voci: la crisi climatica è più pericolosa della pandemia in corso. Per cui è necessario dettare una tabella di marcia stringente per una concreta trasformazione economica e un continuo accrescimento dell’efficienza energetica

Allo stesso modo, mi vedo concorde nell’individuazione di alcune criticità che rallentano inevitabilmente questo processo. Tra le più rilevanti, è quella determinata dalla mancanza di una coesione burocratica e amministrativa del nostro paese, che non permette di usufruire a pieno delle procedure e dei finanziamenti pubblici per la transizione economica e la realizzazione di progetti virtuosi in concrete realtà.

Secondo Michaela Castelli, presidente di Utilitalia, questa difficoltà è ulteriormente aggravate per le piccole e medie imprese soprattutto del sud Italia, incapaci di sostenere sforzi e quindi costi specifici per combattere contro dedali burocratici e sistemi amministrativi arretrati che dettano tempi autorizzativi impossibili, rendendo i finanziamenti pubblici ed europei spesso inaccessibili.

È un qualcosa che dovrebbe farci riflettere nella misura in cui il profilo strutturale delle piccole e medie imprese, come quello delle Start Up, consente, in realtà, una transizione o un azionamento nell’economia circolare molto veloce ed efficiente. Queste imprese, di fatto, non trovano molti ostacoli di cultura manageriale, tipici delle grandi imprese, nella modalità di gestione e/o rigenerazione della risorsa-energia. Il grande vantaggio delle PMI e delle Start Up risiede nella loro elasticità e capacità di resilienza (altro concetto molto spesso citato durante le conferenze).

Se si vuole spingere verso un reale cambiamento è necessario, quindi, dare spazio di crescita, anche e soprattutto, a quelle realtà che nel loro piccolo riescono laddove grandi giganti, nati e sviluppati all’interno di meccanismi troppo rigidi, non possono e a volte non vogliono riuscirci. Il sistema politico e governativo del nostro Paese, a mio avviso, deve riconoscere le incongruenze esistenti e la discriminazione, le quali spesso alimenta con sistemi amministrativi elitari che rendono le opportunità, sulla carta per tutti, appannaggio di poche e grandi imprese.

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