IL VALORE ETICO E COMPETITIVO DELL’INFORMAZIONE

 

Veicolare in maniera chiara e trasparente le informazioni dovrebbe essere un presupposto più che un obiettivo, in ogni campo d’azione. Nella vita e nell’azienda.

Dovrebbe esistere come elemento di cultura imprenditoriale e personale, pilastro dell’attività quotidiana. Ed invece ci scontriamo di continuo con processi di disinformazione e verità lacunose che non sempre siamo in grado di riconoscere. Ci imbattiamo in servizi, pensieri e riferimenti plasmati dal cosiddetto capitalismo di sorveglianza, che vigila e modifica tendenze, gusti e bisogni attraverso le piattaforme web e i pensieri di massa. Di fatto marketing e trasparenza informativa sono da sempre stati considerati elementi ossimorici, vicini e contrari; Seth Godin dice a riguardo “Chi si occupa di marketing appartiene ad una razza particolare di bugiardi. Costoro mentono al consumatore perché così vuole il consumatore”.

Questo accade da sempre, ma nell’era dell’informazione social, libera ed accessibile è avvenuto il grande cambiamento: le imprese si sono accorte che il mero marchio o il solo prodotto non era più sufficiente, ma necessitava di una storia, una narrazione umana, un valore che lo rendesse uguale e diverso, che coinvolgesse e attraesse. Dunque è chiaro come queste storie che si accompagnano all’offerta, risultino essere spesso plasmate e poco attinenti alla realtà, poiché il solo scopo per il quale vengono profuse è suscitare interesse e generare guadagno.

La storia, quindi, può essere ben diversa dall’informazione trasparente che il cliente necessita (ma di cui non sa di aver bisogno, alla luce dell’influenza delle campagne promozionali umane e dei feedback emozionali che provoca).

Non sarebbe possibile, tuttavia, credersi alieni e diversi nella ricerca, nell’influenza delle narrazioni e delle trasmissioni delle informazioni. Non esiste azione umana, né individuale né collettiva, che non sia spinta da un significato (anche il più irrazionale e istintivo) derivante da una Weltanschauung, una visione del mondo che disegna e rappresenta un orizzonte verso il quale ciascuno di noi si proietta. Siamo in una società e quindi in una narrazione, in un complesso sistema di trasmissione di informazioni e valori.

Da questo punto fermo e dalla consapevolezza delle insidie che la nostra contemporaneità ci mette di fronte, è necessario riflettere sugli obiettivi e le modalità comunicative di una azienda sostenibile. È possibile intravedere una traiettoria, da valutare di volta in volta ed eventualmente rivedere e correggere, che ci renda capaci di trasmettere quei dati e quelle informazioni, portatrici di valori, che ci avvicinino sempre più ad un’idea di istituzione (come quella dell’azienda) corretta e trasparente. È una sfida necessaria, nonostante le trappole che si nascondono dietro ogni incontro, convegno, documento, post e news. Non possiamo esimerci dal gioco, ma possiamo giocare con le nostre carte.

L’informazione chiara è il nucleo. È il centro di ogni azienda ed a oggi forse diventa anche un elemento di competitività in più e per nulla scontato. È la base su cui non solo si costruisce il business, ma la fiducia ed il ritorno. È l’elemento potente e potenziale che, a discapito di ogni momento storico, resta essenziale.

L’obiettivo a cui tendere deve essere informare in modo chiaro e trasparente, senza arzigogolati scenari volti a distogliere l’attenzione. Un apparato comunicativo corretto dovrebbe muoversi da queste posizioni. Non è necessario inventare spiagge paradisiache per lanciare dei buoni servizi, né distaccarci dalle fatiche e dalle sfide concrete del nostro quotidiano. Non c’è bisogno di pensare il nostro intervento lontano dalla vita delle persone che vivono i territori con le difficoltà e le specificità di cui sono portatori.

L’informazione è racchiusa dentro la materia e se ben interpretata può dirci tanto sulle sue capacità rigenerative e le sue possibilità di usabilità. Si parla di materia fisica come quella sociale e intersoggettiva (César Hidalgo). L’azienda è chiamata ad essere il medium, colei che sa identificare e comprendere l’informazione per renderla poi intellegibile.

L’informazione dunque, qualsiasi sia la sua forma, è intesa tra l’utente e chi veicola il messaggio e assume un aspetto valoriale, reciproco. È una risposta alle teorie di Stiglitz e alle sue “asimmetrie informative”, su cui si costruisce un modello di business non solo vero, pulito, ma attinente alla realtà e soprattutto etico.

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