
L’economia del lavoro è al centro da molto tempo del dibattito politico acceso e incalzante. Passando dal Forum di Davos al Festival dell’Economia di Torino, troviamo fili che si intrecciano e si incontrano. Tematiche delicate, profondamente sentite dagli esperti e dall’opinione pubblica.
La filosofia su cui si basa il Forum, fin dalla sua nascita, è la comunicazione tra leader politici ed esperti economisti, basata sulla convinzione che lo scambio di idee, l’interdipendenza e i liberi commerci siano la chiave per un mondo più prospero e pacifico. Oggi, ci troviamo in un mondo sicuramente trasformato. Cambiamento dovuto agli avvenimenti che ci hanno colpito umanamente e non solo. Dalla pandemia, alla guerra in Ucraina, si sta plasmando un nuovo mondo, portando alla luce, con più forza e vigore del passato, problematiche ed urgenze che non possono essere tralasciate. Tra i tanti illustri, sia a Davos che al Festival dell’Economia, è forte la presenza Joseph Stiglitz che ha marcato maggiormente il dibattito.
La teoria dell’informazione di Stiglitz
Stiglitz, neo keynesiano, si è occupato principalmente di microeconomia, fondamentale è la teoria dell’informazione. Ha dimostrato come l’informazione asimmetrica possa provocare disoccupazione e razionamento del credito. La teoria e i suoi contributi nella ricerca della gestione delle crisi economiche gli sono valsi il Nobel per l’economia nel 2001. Insieme a Stiglitz, anche a Akerlof e a Spence, venne assegnato il premio Nobel, come riconoscimento dei loro studi sui “mercati con informazione asimmetrica”. I tre anche se affrontando problematiche differenti, avevano in comune un unico tema cardine: i fallimenti di mercato. Stiglitz in particolare, si è soffermato su tutti quei casi in cui i mercati del credito mostravano comportamenti anomali e producevano esiti inefficaci. La domanda e l’offerta non riuscivano ad incontrarsi. Akerlof, invece, sui mercati nei quali vengono scambiati beni le cui caratteristiche e la cui qualità di fondo è nota ai venditori ma solo in maniera imperfetta ai compratori. Michael Spence, contemporaneamente, aveva iniziato ad interessarsi al mercato del lavoro, nel quale chi assume un lavoratore ha informazioni del tutto parziali, circa le sue caratteristiche, le sue prospettive e il reale contributo che lo stesso lavoratore potrà dare all’organizzazione che sta decidendo di assumerlo. Alla luce dei loro studi, venne fuori una mancata conoscenza, poche informazioni attendibili, che divennero la base delle loro ricerche e dei loro studi. Ben presto divenne chiaro che la radice dei problemi di inefficienza fossero nell’informazione o, meglio, la distribuzione asimmetrica dell’informazione. Gli studi pionieristici di Stiglitz, Akerlof e Spence, hanno dato avvio ad una vera e propria rivoluzione in economia. La rivoluzione dell’informazione ha influenzato, negli anni, praticamente tutte le branche della teoria economica e non solo. Ci sono applicazioni nelle scienze politiche, nella teoria del diritto, in biologia e nella teoria dell’evoluzione.
La teoria dell’informazione e delle reti relazionali di Cèsar Hidalgo
In quest’ottica è interessante citare gli studi più recenti di Cèsar Hidalgo (Santiago del Cile, 1979), fisico, scrittore e imprenditore cileno. Nel libro pubblicato nel 2016 “L’evoluzione dell’Ordine – La crescita dell’informazione dagli atomi alle economie”, l’autore non tratta direttamente e nello specifico il tema dell’economia sostenibile, ma al contrario, presenta una lettura della scienza economica sviluppata attraverso gli “strumenti della teoria dell’informazione, delle reti relazionali e della complessità”. Il suo obiettivo è quello di comprendere la modulazione della crescita delle economie e il perché questa si manifesti in maniera differente nelle varie comunità in base alla crescita dell’ordine nel mondo. Uno dei punti fondamentali della sua analisi consiste nella conclusione per cui lo sviluppo della rete delle informazioni, ovunque esse provengano, definisce il livello di sociabilità e di condivisione delle comunità. Questa rete è fondamentale per la crescita del Capitale della Conoscenza (Know-How) e quindi per il riordino del disordine creato dai classici modelli di sviluppo socio-economico delle comunità stesse. La forza dirompente della circolazione delle informazioni, in questo periodo storico caratterizzato dal grande sviluppo della digitalizzazione, può indirizzare l’impresa sostenibile verso il passaggio dall’essere contenitore di big data ad essere elaboratore di smart data. Una struttura capace di processare un enorme insieme di dati aggregati e informazioni in elementi intelligenti e di valore. Lo sviluppo sostenibile, infatti, non può prescindere dall’innovazione tecnica.
Spunti critici
Alla luce di quanto affermato da Stiglitz, dal mio punto di vista, solo tramite una transizione ecologica è possibile creare piena occupazione. L’incremento dell’occupazione sarebbe, infatti, la conseguenza di un’economia territoriale che sviluppi una continua dematerializzazione della risorsa. L’inflazione e il tasso di occupazione sono due elementi diametralmente opposti tra di loro. Quindi non è possibile concentrarsi solo ed esclusivamente sull’inflazione, ovvero su un’autoreferenziale teorie monetaria. Si deve partire dall’economia reale, delineata attraverso il tasso di occupazione, incentivando, favorendo e sollecitando il lavoro. Come affermava Keynes, questo avviene creando una domanda effettiva, secondo cui la produzione delle imprese trova un limite nella domanda che proviene da consumatori e imprese. Ripartendo da queste premesse cerchiamo di percorrere un ulteriore strada che integri coerentemente il discorso della sostenibilità ambientale. È fondamentale, infatti, analizzare gli effetti sociali di una determinata scelta di sostenibilità economica.
Un’applicazione possibile delle teorie di Keynes, a mio avviso, può risiedere nell’associare al fattore produttivo del lavoro un nuovo modello di creazione del valore; ridisegnando una catena del valore che contenga la possibilità di rigenerare il valore stesso perso nell’irreversibilità della trasformazione economica del passato. Tale processo è possibile se il Capitale Umano che si esprime nell’utilizzo dell’innovazione tecnologica, venga investito non solo per la dematerializzazione della risorsa prima ma anche nel riordino e, quindi, nella maggiore trasparenza dell’informazione, per evitare la cosiddetta asimmetria informativa tra la domanda e l’offerta – espressa dallo stesso Stiglitz. Tutto ciò è possibile solo se questo processo di riordino parte dalle economie territoriali (economie condivise): una rete informativa globalizzata utilizzabile delle diverse economie di prossimità.
Stiglitz, alla domanda se la globalizzazione è in crisi, risponde: “non è in crisi la globalizzazione delle informazioni ma il Capitalismo finanziario che non rappresenta più le istanze dell’economia reale”. Per questo motivo si intravede l’esigenza concreta di un nuovo Capitalismo Naturale che rappresenti a pieno il mondo del lavoro, quale fattore della produzione più importante per misurare il livello di condivisione del valore ottenuto dalle economie di prossimità. Il lavoro è, quindi, il volano di una equa redistribuzione del reddito, ma è anche uno strumento socio-psicologico fondamentale che determina lo sviluppo dell’individuo all’interno del proprio percorso personale di formazione come cittadino (ovvero membro attivo di una determinata comunità). La professionalità e la consapevolezza delle proprie competenze costituiscono quindi anche una determinazione sociale. Sviluppare questa consapevolezza permette una presa di responsabilità per il proprio lavoro di fronte alla comunità in cui si vive, in modo tale che il lavoro sia ricondotto al concetto di opera dell’uomo nel suo originale rapporto di reciprocità ecologica.
Leave a Comment